Contratto di licenza del marchio

Prima di tutto, occorre ricordare che possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti:

a)  a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; e
b)  ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti ed al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare.
 

Una “licenza di marchio” è un contratto che concede a un’altra parte il diritto di utilizzare un marchio registrato. Questa licenza stabilisce i termini e le condizioni in base ai quali il marchio potrà essere utilizzato, inclusi i territori geografici, i prodotti o servizi coperti e la durata della licenza.

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Il marchio può essere oggetto di licenza anche non esclusiva per la totalità o per parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o per parte del territorio dello Stato, a condizione che, in caso di licenza non esclusiva, il licenziatario si obblighi espressamente ad usare il marchio per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a quelli corrispondenti messi in commercio o prestati nel territorio dello Stato con lo stesso marchio dal titolare o da altri licenziatari.

È importante tenere presente che dalla licenza del marchio non deve derivare inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico.

Nel contesto del commercio elettronico, una licenza di marchio può essere particolarmente rilevante se una società desidera permettere ad altre aziende di utilizzare il proprio marchio per vendere prodotti o servizi online. Ad esempio, un produttore di abbigliamento potrebbe concedere a rivenditori online il diritto di utilizzare il suo marchio per vendere i loro prodotti su piattaforme di e-commerce.

Una delle applicazioni più comuni della licenza di marchio è quella prevista dal contratto di franchising, cioè il contratto stipulato tra due soggetti giuridici – economicamente e giuridicamente indipendenti – attraverso cui una parte franchisor (affiliante) concede all’altra franchisee (affiliato) la disponibilità – verso il pagamento di un corrispettivo – di un insieme di diritti di proprietà industriale od intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di aderenti distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi dell’affiliante. E’ molto diffuso anche il franchising online: è una variante del modello di business del franchising tradizionale, in cui il franchisee utilizza il marchio, i sistemi e i processi di un’azienda madre (il franchisor) per avviare e gestire un’attività online anziché un’attività tradizionale con una ubicazione fisica.

Negli anni abbiamo assistito ad un cambiamento radicale  e, soprattutto nel commercio al dettaglio, il marchio ha assunto un valore tale che ha causato l’estinzione del prodotto “generico”, cioè quel prodotto con un ottimo rapporto qualità/prezzo, ma non famoso. Negli anni ’80, ad esempio, erano numerosi i negozi di abbigliamento che vendevano prodotti con un ottimo rapporto qualità/prezzo, ma sconosciuti a livello nazionale. Esistevano già marchi famosi, come Armani, Versace, ecc., ma le persone avevano la possibilità – e andava anche di moda – di acquistare prodotti belli anche se non “di marca”. Oggi è cambiato tutto, il commercio al dettaglio dell’abbigliamento ruota tutto intorno al marchio, pensiamo a multinazionali come H&M o Zara, i cui prodotti sino a pochi anni prima erano venduti nelle “bancarelle” del mercato, oggi sono venduti in negozi con arredamenti moderni e presentati al pubblico con uno stile tipico delle case di moda.

L’esempio dell’abbigliamento e del commercio al dettaglio è solo uno dei tanti. Alla base del contratto di licenza di marchio c’è un concetto di base: la forza attrattiva del marchio è tale, che si è disposti a pagare un prezzo pur di poter utilizzare un determinato marchio.

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