Indice dei contenuti
In un’epoca in cui la tecnologia è sempre più accessibile e la registrazione delle conversazioni telefoniche è tecnicamente semplice, molte persone si chiedono se sia legale registrare una conversazione telefonica.
Questo argomento può sollevare questioni importanti riguardanti il rispetto della privacy, i diritti individuali e la trasparenza delle comunicazioni.
In questo articolo esploreremo quando e come è possibile registrare una conversazione telefonica, se sia consentito dalla normativa privacy e se un file audio possa essere utilizzato o meno come prova.
1. Quadro normativo
La normativa di riferimento è innanzi tutto il Regolamento sulla Protezione dei Dati (General Data Protection Regulation o più comunemente detto GDPR) 27 aprile 2016 n. 2016/679/UE che è entrato in vigore il 25 maggio 2018 ed è stato pensato per rafforzare e armonizzare le normative sulla protezione dei dati personali in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea (UE).
Il GDPR ha introdotto importanti cambiamenti nel modo in cui devono essere trattati i dati personali e ha messo una maggiore enfasi sulla responsabilità e sulla tutela della privacy.
Da tener presente che il Codice Privacy, cioè il decreto legislativo n. 196 del 2003, non è stato completamente abrogato. Molte disposizioni del Codice Privacy sono tuttora in vigore e bisogna tenere conto anche di queste norme per verificare correttamente gli obblighi a proprio carico.
Per rispondere alla domanda, occorre richiamare il considerando 4 del GDPR, laddove si legge che “Il trattamento dei dati personali dovrebbe essere al servizio dell’uomo. Il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità”.
Il considerando 47 GDPR precisa che “i legittimi interessi di un titolare del trattamento, compresi quelli di un titolare del trattamento a cui i dati personali possono essere comunicati, o di terzi possono costituire una base giuridica del trattamento, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell’ interessato, tenuto conto delle ragionevoli aspettative nutrite dall’interessato in base alla sua relazione con il titolare del trattamento”.
Deve tenersi presente, altresì, il considerando 20 GDPR: “Non è opportuno che rientri nella competenza delle autorità di controllo il trattamento di dati personali effettuato dalle autorità giurisdizionali nell’adempimento delle loro funzioni giurisdizionali, al fine di salvaguardare l’indipendenza della magistratura nell’adempimento dei suoi compiti giurisdizionali, compreso il processo decisionale”.
Qualora venga registrata una conversazione telefonica e in caso di opposizione al trattamento dei dati personali e di richiesta di cancellazione da parte dell’interessato (quindi in caso di richiesta di cancellazione della registrazione della conversazione telefonica) occorre evidenziare come gli artt. 17 e 21 del GDPR rendano palese come nel bilanciamento degli interessi in gioco il diritto a difendersi in giudizio possa essere ritenuto prevalente sui diritti dell’interessato al trattamento dei dati personali.
In particolare, l’art. 17 comma 3 lettera e) del regolamento dispone che i paragrafi 1 e 2 (diritto alla cancellazione) non si applicano nella misura in cui il trattamento sia necessario per l’accertamento l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.
L’art. 21 (diritto di opposizione) consente al titolare del trattamento di dimostrare “l’esistenza di motivi legittimi cogenti per procedere al trattamento che prevalgono sugli interessi, sui diritti e sulle libertà dell’ interessato oppure per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria”.
2. La giurisprudenza
La Corte di giustizia UE con sentenza del 2 marzo 2023, (C-268/21 – Norra Stockholm Bygg AB contro Per Nycander AB) ha chiarito che qualora dati personali di terzi vengano utilizzati in un giudizio è il giudice nazionale che deve ponderare, con piena cognizione di causa e nel rispetto del principio di proporzionalità, gli interessi in gioco e che “tale valutazione può, se del caso, indurlo ad autorizzare la divulgazione completa o parziale alla controparte dei dati personali che gli sono stati così comunicati, qualora ritenga che una siffatta divulgazione non ecceda quanto necessario al fine di garantire l’effettivo godimento dei diritti che i soggetti dell’ordinamento traggono dall’articolo 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea“.
La giurisprudenza nazionale è consolidata nel ritenere che l’uso di dati personali non è soggetto all’obbligo di informazione ed alla previa acquisizione del consenso del titolare quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell’ambito di un processo (Cass. civ. n. 24797/2024).
In esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all’autorità e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, è il codice di rito a regolare le modalità di svolgimento in giudizio del diritto di difesa (Cass. n. 9314 del 04/04/2023; Cass. s.u. n. 3034 del 08/02/2011)
3. Conclusione
Alla luce dell’attuale quadro normativo, il diritto di difendersi in giudizio, specie ove la controversia attenga a diritti della persona strettamente connessi alla dignità umana – ad esempio, pensiamo ai diritti dei lavoratori, secondo quanto dispone l’art. 36 Cost. – è un diritto fondamentale.
Pertanto, il trattamento dei dati personali in ambito giudiziario non è soggetto all’obbligo di informazione ed alla previa acquisizione del consenso purché i dati siano inerenti al campo degli affari e delle controversie giudiziarie che ne scrimina la raccolta, non siano utilizzati per finalità estranee a quelle di giustizia in ragione delle quali ne è avvenuta l’acquisizione e sussista il provvedimento autorizzatorio (del Giudice) (Cass. n. 1263 del 17/01/2022 ; v. Cass. n. 39531 del 13/12/2021).